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Processo Eternit al via, migliaia di persone chiedono giustizia

di luca.pistolesi 7 aprile 2009
La manifestazione dei familiari delle vittime

La manifestazione dei familiari delle vittime

E’ cominciato a Torino il processo al direttivo dell’Eternit, la multinazionale svizzera che per decenni ha prodotto il devastante cemento-amianto. Alla sbarra gli eredi della Stephan Schmidheiny, 61 anni, miliardario svizzero, e Jean de Cartier de Marchienne, nobile belga di 81 anni, accusati di disastro doloso e di omissione dolosa di sicurezza sul lavoro.

Nel corso della prima udienza 270 cittadini si sono costituiti parte civile, ma il numero potrebbe salire enormemente: 2.889 persone sono infatti state considerate  parte offesa, numero che a sua volta potrebbe sfondare il tetto record delle 5.700. Tra gli enti pubblici, a costituirsi parte civile sono state le Regioni Piemonte, Emilia Romagna e Campania, le Province di Torino e Alessandria, i Comuni piemontesi di Casale e Cavagnolo e il Comune emiliano di Rubiera. Inoltre hanno presentato domanda alcune sigle di Cgil e Cisl. Fra le associazioni figurano il Codacons, Legambiente, Medicina democratica, l’Associazione familiari vittime amianto Casale e l’Associazione italiana esposti amianto. L’Inail chiederà agli imputati il risarcimento per i premi assicurativi esborsati per i lavoratori ammalatisi negli stabilimenti Eternit: circa 246 milioni di euro.

Dimensioni titaniche, dunque, per questo procedimento, che tuttavia non possono sorprenderci, di fronte alle oltre 2.000 vittime (ma c’è chi ipotizza anche 3-4.000) che gli stabilimenti Eternit hanno mietuto nel corso degli anni in Italia tra i lavoratori e le popolazioni delle vicinanze. La multinazionale ha infatti mantenuto filiali di produzione di manufatti in amianto a  Cavagnolo, Rubiera, Napoli e Casale Monferrato, fino a metà degli anni novanta. Solo in quest’ultima, per parlare dell’esempio più eclatante, a quasi vent’anni dalla chiusura definitiva dello stabilimento continuano a morire 35-40 persone all’anno di mesotelioma, il tumore provocato dall’asbesto.

I due soci magnati dell’amianto rischiano moltissimo, fino ad un massimo di 12 anni per disastro doloso e di otto per omissione dolosa di sicurezza. Tuttavia, sembra un rischio piuttosto controllato. Forti di uno stuolo di avvocati internazionali e di un indulto già incassato (dice qualcuno, anche grazie a un “consenso” con l’allora Ministro della Giustizia Mastella),  Schmidheiny e Cartier de Marchienne cercheranno giusto di evitare la pericolosissima condanna per il disastro e magari beccarsi una pena molto lieve per l’omissione dolosa.

Proprio l’indulto del 2006 potrebbe essere stata la causa del mancato accordo tra i magnati e le famiglie delle vittime sul risarcimento. A sostenerlo è Sergio Bonetto, legale di una delle associazioni delle vittime, che in questa intervista di un anno e mezzo fa spiegava come l’accordo fosse saltato a seguito di una telefonata a Roma della famiglia Schmidheiny, nella quale avrebbero avuto l’assicurazione da Mastella per una rapida trasformazione in legge dell’indulto. A quel punto i magnati avrebbero preferito risparmiare i soldi e “giocarsela” davanti al tribunale.

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