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Nucleare: quale futuro in Italia?

di luca.pistolesi 18 marzo 2011

La tragedia nucleare che incombe sul Giappone ha inevitabilmente scosso l’opinione pubblica mondiale sull’opportunità di proseguire nello sviluppo e nella costruzione di centrali nucleari. Alla fine il dibattito sembra aver scalfito le stesse certezze del Governo italiano: se all’inizio i ministri erano compatti nel dire “andiamo avanti”, ora cominciano a venir fuori i primi distinguo.

Risale a ieri la rivelazione da parte dell’agenzia Dire di un fuorionda del ministro Prestigiacomo, che parlando con il collega Tremonti e con il portavoce di Berlusconi Bonaiuti avrebbe detto: “E’ finita, non possiamo mica rischiare le elezioni per il nucleare. Non facciamo cazzate. Bisogna uscirne ma in maniera soft. Ora non dobbiamo fare nulla, si decide tra un mese”. Infine, il ministro dell’Ambiente sembra voler sposare la causa anti-nuclearista, anche se per la ragione più sbagliata di tutte: la convenienza elettorale.

Lo stesso Ministro dello sviluppo Romani ha dichiarato ieri che “Non saranno imposte centrali in Regioni che non si dichiareranno d’accordo”. E’ una bella novità: difatti, secondo la legge attuale, voluta dal governo Berlusconi, lo Stato potrebbe imporle, non tenendo conto dell’eventuale parere negativo degli enti locali. Questo indirizzo, inoltre, è stato considerato sostanzialmente legittimo dalla Corte Costituzionale, che ha bocciato i ricorsi delle Regioni. Le parole di Romani, dunque, appaiono un modo per stemperare la tensione, più che una garanzia reale. Anche perché, se davvero fosse così, le centrali in Italia potrebbero non essere mai costruite: nessun Governatore (del Nord come del Sud, di destra come di sinistra) è disposto ad accettare la centrale sul proprio territorio.

Il progetto nucleare italiano sembra dunque sull’orlo del fallimento. La spintarella decisiva, però, possiamo darla votando SI’ al referendum per fermare il nucleare, il prossimo 12 e 13 giugno.

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