L’Intergovernmental Panel on Climate Change ha annunciato che aprirà un tavolo di esame sul documento Assessment 2007, che l’Ipcc stesso ha creato. La decisione è stata presa in seguito alle numerose accuse di pressapochismo lanciate da più parti nei confronti delle conclusioni cui il documento giungeva. Messo ormai da un paio di mesi nell’angolo, l’organismo Onu deputato allo studio dei cambiamenti climatici ha dovuto già fare ammenda in più di un’occasione.
Non è ancora stato chiarificato chi andrà a comporre il tavolo. Tuttavia sembra evidente che, se di questo tavolo c’è davvero bisogno, gli stessi dirigenti dell’Ipcc cominciano a sospettare che l’Assessment contenga altri errori, che aspettano soltanto di essere scovati. Non hanno poi giovato le mail, trafugate da hacker, che alcuni scienziati appartenenti al Panel si sono scambiati sostenendo di dover far sparire alcuni dati non congruenti con le previsioni più pessimistiche.
Allora la domanda è: fino a che punto è sbagliato l’Assessment? Fino a che punto le previsioni catastrofiche sono state gonfiate? Fino a che punto si è esagerato nella denuncia del fenomeno dei cambiamenti climatici e del loro effetto sui vari ecosistemi?
In attesa che il tavolo di lavoro, che ci auguriamo serio e al riparo da pressioni politiche di qualsiasi sorta, non avrà riferito le sue conclusioni, facciamo nostre le considerazioni del Wall Street Journal, che ha imputato il problema principale dell’Ipcc nel voler semplificare troppo meccanismi complessi, per sbalordire un pubblico vasto e ottenere in breve tempo politiche di salvaguardia dell’ambiente adeguate. Sebbene l’intento potesse essere positivo, non è ciò che ci aspettiamo da un organismo formato da oltre 1.200 scienziati di tutto il mondo. Quello che ci aspettiamo è solo la verità: che poi i ghiacciai dell’Himalaya si sciolgano in 25 o in 50 anni non fa molta differenza.