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2008: l’annus orribilis del nucleare. Ma l’Italia riparte lo stesso

di luca.pistolesi 1 marzo 2009

"Nuclear Wetlands", by mandj98

"Nuclear Wetlands", by mandj98

Entro il 2020 l’Italia darà inizio, in collaborazione con i più esperti francesi, alla costruzione sul proprio territorio di almeno quattro centrali nucleari. È questo il contenuto più importante dell’accordo che il presidente del consiglio Silvio Berlusconi, tra una battuta e l’altra, ha appena firmato con il suo collega francese Nicolas Sarkozy. Puntuale come un orologio al quarzo, il discorso del nucleare ritorna a imperversare ogni volta che l’occidente attraversa una grave crisi energetica. “L’Italia dipende troppo dal petrolio e dal metano, bisogna differenziare le fonti”. Verissimo, da sottoscrivere in pieno. Ma quali sono le fonti del futuro? Qual è l’investimento più sensato, quello che può dare sollievo alla situazione energetica italiana nell’arco di pochi anni?

La risposta è facile: da un lato il risparmio energetico, dall’altro le fonti rinnovabili. In primis solare termico e fotovoltaico, ma anche eolico, idroelettrico e geotermico. Il governo italiano, stranamente in accordo con una bella parte dell’opposizione parlamentare, ha deciso di tagliare sulle rinnovabili e puntare invece sul nucleare, che è molto più dispendioso, che necessita di uranio che non abbiamo, che genera scorie radioattive che non sappiamo dove mettere, che potrebbe entrare in funzione non prima di due o tre lustri e che, soprattutto, ha una “filiera produttiva intrinsecamente pericolosa” (citando testualmente il documento presentato da circa 1700 ricercatori e docenti universitari italiani, consultabile all’indirizzo www.energiaperilfuturo.it).

Proprio su questo aspetto, sulla sua pericolosità, volevamo dire qualcosina in più. Ecco un brevissimo resoconto acritico degli allarmi negli impianti nucleari dell’Unione Europea resi noti nel 2008 (fonte Ansa).

4 giugno, centrale di Krsko, a 130 km da Trieste: la Slovenia decide di spegnere la centrale dopo che del liquido era fuoriuscito dall’impianto di raffreddamento. L’allarme, lanciato in tutta Europa, rientra dopo che rilevazioni negano la fuoriuscita di materiale radioattivo.
7 luglio, centrale di Tricastin, a 40 km da Avignone, nel sud della Francia:  74 chili di uranio fuoriescono dalla centrale e si riversano sui fiumi Gaffiere e Lauzon. La società produttrice nega la possibilità di qualsiasi danno all’ambiente.
18 luglio, fughe radioattive in un’altra fabbrica di combustibili a Romans-sur-Isere, poco più a nord di Tricastin.
21 luglio, 15 dipendenti su un cantiere di manutenzione della centrale di Tricastin rimangono lievemente contaminati.
23 luglio, ancora a Tricastin, lieve contaminazione di circa 100 dipendenti della centrale.
28 agosto, incidente «radiologico» avvenuto all’Istituto nazionale di Radio-elementi (Ire), nella cittadina di Fleurus, in Belgio. La popolazione del posto è stata invitata a non mangiare i propri prodotti agricoli.

Alcuni esperti giudicano le centrali di terza generazione (quelle che sarebbero costruite in Italia) molto meno precarie di quelle oggi funzionanti. Molti altri non ne sono così sicuri. E noi, siamo sicuri che il gioco valga la candela?

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