Il Presidente degli Stati Uniti Barak Obama è davanti a un bivio. Dopo le elezioni di medio termine di inizio novembre, perse malamente dai democratici, una delle questioni non secondarie è quanto la nuova maggioranza repubblicana al Congresso influenzerà, o impedirà, l’azione del Governo federale contro i cambiamenti climatici.
Come ha ricordato il New York Times, anche nei primi due anni di mandato, Obama ha dovuto fronteggiare un nutrito gruppo di scettici, sia dentro che fuori il suo partito. Con il cambio di maggioranza parlamentare, la situazione non può che peggiorare, visto che le tematiche ambientali non sono certo in cima ai pensieri dei neoeletti repubblicani. Di più, alcuni di essi hanno già affermato di voler fare qualsiasi cosa in loro potere per impedire che l’amministrazione prenda provvedimenti.
Il primo obiettivo repubblicano è abbattere sul nascere la politica del “cap and trade“, una riedizione americana del meccanismo delle quote di emissioni europee. In pratica, l’amministrazione Obama valutava di imporre alle industrie americane un limite massimo di emissioni, fissato sulla base delle dimensioni e delle tipologie di industrie. Le più virtuose, che riuscissero a stare sotto al limite, potrebbero vendere alle altre le quote di emissioni risparmiate. “Era solo una delle opzioni disponibili”, si è affrettato a dire pubblicamente Obama all’indomani della sconfitta.
Oltre che essere un pessimo segnale per gli States, la retromarcia forzata di Obama (per ora solo accennata) rischia di diventare la smagliatura definitiva nel già frammentario e provato fronte ambientalista.